STRATEGIA DI USCITA DAL DEBITO PUBBLICO (PARTE 2)

(seguito di “La devitalizzazione del debito pubblico”).

La trappola dell’Euro-sistema, tesa con il trattato di Maastricht, ha avuto come epilogo il Patto di Bilancio Europeo, noto come Fiscal Compact , entrato in vigore il 1 Gennaio 2013, che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio come meccanismo automatico di mantenimento dell’economia in uno stato permanente di recessione economica e di deflazione artificiali.

Il pareggio di bilancio

Il pareggio di bilancio rappresenta una tappa decisiva nel processo eversivo gestito dalla Troika ai danni dei popoli europei, dal momento che distrugge la base dello Stato sociale e lo trasforma in una vera e propria società per azioni di ispirazione neoliberista, che non può spendere più di quanto raccoglie dai contribuenti sotto forma di imposte e che deve soggiacere al ricatto dei mercati finanziari e delle agenzie di rating quando si indebita per esigenze di liquidità (vedi Cosa farà il Governo: lo ha detto Fitch).

Il deficit di bilancio è diventato così un anatema, un concetto da demonizzare in nome di un malinteso e ingannevole “pareggio”, che si applica alla sfera privata (famiglie e imprese) ma che non ha mai trovato applicazione alla sfera pubblica.

Uno Stato, infatti, assolve pienamente alla propria funzione sociale di regolatore dell’economia quando immette nel sistema più liquidità di quella che preleva, e la maggiore liquidità immessa è il riflesso dell’aumento degli scambi di beni e servizi e del risparmio privato.

Non è possibile far crescere l’economia e non è possibile che le famiglie accumulino risparmi senza iniettare nuova liquidità in circolazione. Se l’anno scorso abbiamo scambiato 4 mele ad €1 cadauna, potevamo vivere con €4 euro di liquidità. Ma se quest’anno produciamo una mela in più, occorre €1 aggiuntivo per scambiare questa mela (esempio riduttivo ma efficace a fini divulgativi). Lo stesso dicasi con i risparmi.

salvadanaio sopra banconote

Ora, nel sistema euro di moneta-debito, tutta la liquidità che entra nel sistema viene contabilizzata come debito. Così è scritto nei trattati Europei ed in particolare nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE, art 123/1 e 124). Dunque, il debito pubblico che risulta dalla sommatoria dei deficit annuali non è altro che la liquidità in circolazione, quella che consente gli scambi di beni e servizi e la formazione del risparmio dei privati.

Tant’è che negli ultimi 16 anni, dal 2001 ad oggi, il debito pubblico italiano è aumentato di circa €1.000 miliardi, un importo paragonabile all’aumento della massa monetaria M1 (monete, banconote e depositi a vista) nello stesso periodo.

Equivoci sul debito pubblico

Dunque, iniziamo col dire che chiunque si propone di i) rimborsare il debito pubblico, ii) di ridenominarlo in una valuta domestica o iii) di ridurne la crescita sta legittimando la più grande menzogna costruita sulla pelle di 200 milioni di europei. In tal senso, l’applicazione del Fiscal Compact si tradurrebbe in una sottrazione di liquidità mortale per il sistema economico. Questo spiega anche il motivo per cui il debito pubblico può solo crescere nel tempo, e lo fa sia che l’economia sia in espansione (1981-2004) e sia che l’economia sia in recessione (2007-2017).

Allo stesso modo vanno prese le distanze da chi invoca il debito detestabile o l’anatocismo. A parte l’estrema difficoltà nel provare queste due ipotesi (vedi La ridenominazione del debito pubblico – parte 1), in entrambi i casi si finisce con il legittimare la natura debitoria, quindi risarcitoria, del debito pubblico.

E’ utile enfatizzare che in questo macroscopico equivoco cadono anche quella parte dei “sovranisti” che vorrebbero uscire dall’euro per decreto, ridenominando il debito pubblico in Lire, senza preoccuparsi di affrontare prima la questione della natura “non-debitoria” del debito stesso (tralascio qui il problema giuridico delle clausole di azione collettiva che dal 2013 assoggettano la modifica della valuta di denominazione del debito alla volontà dei creditori…).

Il debito pubblico è la liquidità in circolazione!

Occorre affermare in maniera non equivoca che il debito pubblico corrisponde alla liquidità in circolazione. Pertanto, non può e non deve essere rimborsato in alcuna valuta! Esso deve anzi crescere nel tempo in maniera da consentire maggiori scambi ed il formarsi del risparmio privato, che a sua volta è il presupposto per il formarsi di un sano mercato degli investimenti produttivi anche a beneficio del tessuto aziendale nazionale.

Il debito pubblico per un Paese è come il sangue per il nostro corpo. Durante la crescita, il nostro organismo raggiunge un livello di circa 8 litri di sangue che sono necessari per sopravvivere. Ridurre questo sangue vuol dire indebolire l’organismo fino alla morte. Lo stesso accade con la liquidità ed il debito.

L’intervento che va operato sul debito non è la riduzione ma la SOSTITUZIONE dello stesso con strumenti che pur inserendo liquidità nel sistema non rappresentino debito.

L’introduzione di una moneta emessa direttamente da strutture di emanazione popolare, e/o da enti pubblici che agiscano in nome del popolo sovrano, rappresenterebbe la soluzione radicale al problema. In questo caso, infatti, sarebbe lo Stato, inteso come involucro della comunità popolare, ad emettere direttamente la moneta necessaria ai fabbisogni dell’economia. Ma si tratta di un modello ad oggi teorico utilizzabile come punto di arrivo, non di uno strumento operativo. Gli strumenti devono necessariamente partire da quello che oggi è disponibile e dal contesto di mercato nel quale sei milioni di operatori economici e partite IVA italiani e decine di milioni di operatori europei oggi lavorano.

Dunque, cosa fare del debito pubblico per innescare una “rivoluzione” che conduca alla ricostruzione di sovranità monetaria ed economica?

Debito fittizio e debito strutturale

Il settore bancario dell’Eurozona detiene la metà del debito pubblico italiano (in € miliardi: BCE 200, Bankit 275 e banche commerciali 650). Si tratta del risultato inevitabile prodotto dall’art 123 TFUE comma 1 che impedisce ai Governi di finanziarsi tramite ricorso diretto alla banca centrale. In altre parole, questo debito nasce a fronte di emissione di moneta fiat – creata dal nulla – che la banca centrale ha prestato alle banche commerciali affinché queste sottoscrivessero titoli del Tesoro. Per comodità di esposizione chiamo questa componente del debito “debito fittizio”, in quanto, appunto, meramente funzionale alla raccolta di liquidità da parte del Tesoro.

La restante metà del debito pubblico è detenuta dalle famiglie (130), dai fondi pensione e assicurativi (475) e da soggetti non residenti (550). Questo debito deriva in larga parte dal risparmio, cioè da moneta che esisteva prima della sottoscrizione dei titoli di Stato. Per motivi di esposizione chiamo questa componente “debito strutturale”.

I principi di contabilità internazionale IFRS (International Financial Reporting Standard), ai quali tutti i bilanci – anche quello del Tesoro, della BCE e delle banche dell’Eurozona – fanno riferimento, consentono di iscrivere un credito solo a due condizioni congiuntamente verificate (Conceptual Framework, IFRS, Cap. 4):

  1. La moneta prestata deve essere una risorsa controllata dal creditore come risultato di eventi passati, cioè deve essere pre-esistente rispetto al momento della sottoscrizione di titoli di Stato;
  2. Il rimborso di questa moneta deve corrispondere a benefici economici futuri per il creditore.

Dunque, appare del tutto evidente che la prima condizione sia del tutto assente, dato che – come già ricordato – le banche commerciali partecipano alle aste del Tesoro attingendo in larghissima misura ai conti accesi presso la BCE e accreditati da quest’ultima con moneta fiat – creata appositamente e contestualmente all’atto dell’erogazione.

Anche la seconda condizione non è verificabile, dato che il rimborso dei titoli di Stato non provoca alcuna utilità alle banche creditrici, ma semplicemente l’estinzione del prestito raccolto presso la BCE (in altre parole, la moneta viene letteralmente annullata come accade per il file di un computer).

Dunque, possiamo affermare che le banche commerciali che usano la moneta della banca centrale per sottoscrivere titoli di Stato non possono contabilizzare questi titoli come credito. Di conseguenza, il Tesoro italiano che li emette non deve contabilizzare gli stessi titoli come debito.

A comprova della natura fittizia di questo debito, nel TFUE è scritto che la funzione monetaria è svolta dalle istituzioni dell’Eurozona in via esclusiva per conto degli Stati aderenti. E’ una delega, quindi, non dissimile da quella che era in essere prima dell’introduzione dell’Euro.

La strategia di gestione del debito pubblico

La mia proposta per la gestione del debito fittizio è di sostituire i titoli di Stato detenuti a scadenza dalla BCE, da Bankit e dalle banche commerciali dell’Eurozona con un titolo unico irredimibile (cioè senza scadenza e mai rimborsabile) ed infruttifero (cioè ad interessi zero).

Tale titolo può essere contabilizzato nel bilancio pubblico come “emissione di liquidità” proprio per sottolineare il fatto che tale appostazione contabile sta a fronte della liquidità immessa in circolazione e che non è in alcun modo rimborsabile.

Per quanto riguarda invece il debito strutturale, questo va senza dubbio rimborsato. Si tratta di moneta raccolta da soggetti privati ed istituzionali che hanno fatto uso di risparmio o della propria tesoreria, quindi in entrambi i casi di moneta “pre-esistente” secondo gli IFRS. Su questa componente è opportuno operare due tipi di azioni congiunte:

a) Riduzione della componente di titoli sottoscritti da soggetti non-residenti a vantaggio di quella dedicata alle famiglie ed ai fondi pensione residenti (modello di finanza pubblica adottato dal Giappone). Ciò esalta, in particolare, la funzione di accumulo di risparmio svolta dal debito pubblico;

b) Riduzione dell’ammontare assoluto del debito strutturale mediante inserimento di strumenti di pagamento non-debito quali, ad esempio, i certificati di credito fiscali (CCF) non convertibili, cioè per i quali la pubblica amministrazione non prende l’impegno di conversione in Euro, ma si limita ad accettarli in riduzione degli importi dovuti alla stessa pubblica amministrazione per il regolamento di imposte e tasse future. In tal caso, infatti, l’Eurostat assicura che tali strumenti non vanno conteggiati nel debito della pubblica amministrazione (a mio parere, tali strumenti potrebbero essere contabilizzati dalla pubblica amministrazione come risconti passivi).

E’ importante sottolineare che una strategia articolata di “devitalizzazione” o uscita dal debito richiede un concerto di azioni e di strumenti. Oltre a quanto appena descritto al punto b), una simile strategia trarrebbe notevole beneficio dall’impiego della Cassa Depositi e Prestiti come polmone finanziario, facendola agire da vera banca pubblica che si indebita a tasso zero presso la BCE (TFUE, art 123/2), con ciò fornendo liquidità addizionale proprio nel periodo iniziale di sostituzione della componente strutturale del debito (vedi La CDP come banca pubblica).

Operando questi interventi e applicando le relative rettifiche contabili, l’attuale rapporto debito/PIL dell’Italia si collocherebbe sin da subito al livello del 65% circa, mentre la media del debito/PIL dei Paesi dell’Eurozona scenderebbe a circa il 50% (dall’attuale 90%). Con ciò, particolare non trascurabile, avremmo da subito disinnescato il Fiscal compact (!) ed avviato un processo di riduzione del debito strutturale attraverso i CCF verso soglie fisiologiche di 20-25% che lo rendono del tutto gestibile e funzionale alla formazione del risparmio privato.

Tutto ciò consentirebbe di liberare miliardi di risorse finanziarie all’anno che possono essere spese per innescare un lungo processo espansivo dell’economia in grado di riassorbire la disoccupazione e favorire nel tempo una riduzione delle pressione fiscale.

Oltre a ciò, avremmo rimosso uno dei principali elementi di ricatto nelle mani delle agenzie di rating, rappresentato proprio dalla continua minaccia di taglio del rating, di impennata dello spread e di crisi di liquidità per il nostro sistema.

Avremmo quindi “disarmato” il nostro principale nemico e potremmo iniziare una seria ristrutturazione del Paese e dell’Europa tutta, ivi inclusa la possibilità di recedere unilateralmente dai Trattati Europei.

Alberto Micalizzi

 

20 pensieri su “STRATEGIA DI USCITA DAL DEBITO PUBBLICO (PARTE 2)

    • Caro Pino, l’impatto sul PIL di un aumento della liquidità dipende ovviamente da dove questa viene collocata. Misure di redistribuzione del reddito, ad esempio, come la flat-tax secca hanno poco impatto sul PIL, anzi direi negativo. Mentre la spesa pubblica per investimenti in settori ad alta innovazione tecnologica generano forti incrementi di PIL. Ecco, giusto per fare due esempi.

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  2. Buon giorno. Descritta in questa maniera,semplice e comprensibile anche per i non addetti ai lavori,si potrebbe cancellare di fatto la disoccupazione giovanile e ripristinare in maniera decisa i lavori pubblici.

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  3. Buonasera Pof.
    Devo ammettere che più entro nel dettaglio sul processo di emissione monetaria più sorgono domande e dubbi. Frustrante per chi si riteneva portato a questi temi ( e spiega perché possano operare in piena tranquillità ).
    Ho alcune domande , spero mi possa aiutare a capire
    1 il fatto che il debito riferito all’immissione di liquidità, il debito fittizio, è unanimemente riconosciuto in base alle linee guida IAS non debba essere rimborsato o è una interpretazione alla quale la BCE o l’Eurogruppo può opporsi?
    2 gli accrediti sui conti delle banche presso la BCE sono contestuali all’acquisto di TDS o precedenti? Perché questo può determinare la pre-esigenza della moneta
    3) l’aspetto che mi fa scervellare. Il processo di emissione della liquidità. Alla maturazione del TDS , se la banca non rinnova l’acquisto a una nuova emissione … non deve essere pagato alla banca? La banca non ha depositato come collaterale il TDS presso la BCE e quindi immesso liquidità fornendoci prestiti a privati e imprese? Chiedo scusa ma mi manca (per mia colpa) qualche passaggio.
    Grazie anticipatamente!

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  4. Il problema grosso di questa teoria che di per sè avrebbe degli spunti condivisibili è che va a creare la mentalità della vita facile: non hai i soldi ? Fai debito. L’Italia ha cmq un debito pubblico che è il 140% del PIL, anche ammettendo di essere in un regime di paese a moneta unica andresti a creare un’inflazione a doppia cifra come sul finire degli anni ’70. Allora si stava meglio? Tutto da dimostrare..il paese perdeva di credibilità diventi un paese da terzo mondo quindi alla mercè dei paesi più evoluti. Oltretutto 40 anni fa non eravamo nell’era di internet quindi questo processo di “chiusura” era ancora teoricamente più possibile di adesso.

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    • Peter in realtà non andresti necessariamente a creare inflazione, almeno fino a quando la capacità produttiva non fosse pienamente utilizzata e ad oggi si parla di quasi il 30% di sottoutilizzo… Ciò detto, concordo sul fatto che il cambio di paradigma non vuol dire denaro a go-go come diversi utopisti (o economisti della domenica) auspicano. L’economia è una disciplina che va governata con attenzione. Resto convinto del fatto che l’attuale paradigma sia recessivo e contrario agli scopi che un’economia sociale dovrebbe perseguire, ovvero favorire la crescita armonia delle condizioni di vita dei membri della comunità

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      • Il problema italiano è che “il cammello non beve” ovvero la liquidità immessa non viene usata dal settore produttivo ma viene parcheggiata dalle banche. Questo per vari motivi ma sommariamente perchè abbiamo un impoverimento generale del settore industriale nostrano ovvero le grosse industrie delocalizzano, le imprese produttive italiane sono molto piccole quindi pochi investimenti poca tecnologia ed abbassamento in generale del know-how . Oltretutto il settore bancario è penalizzato dal fatto che c’e’ poca trasparenza e giustizia nel campo dei fallimenti societari unito al peso della politica che ha fatto prestare soldi “agli amici degli amici” senza il rispetto di regole chiare e trasparenti.

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  5. La sua analisi e la soluzione che lei propone sono interessanti. Tuttavia, non le viene il dubbio che la sua proposta sara’ difficilmente applicata semplicemente perche’ non devono esistere vie d’uscita dalla nostra condizione di iper-indebitati? Il debito dello stato e’ prima di tutto un’arma perfetta e di ricatto in mano a chi puo’ e vuole usare il debito per condizionare la politica dello stato e portare a termine propri disegni ideologici e politici di trasforrmazione strutturale e culturale della societa’.

    Che la situazione sia questa, lo fanno pensare le tante bugie raccontate dal 1980 ad oggi ed ancora in voga per annichilire ogni moto di sollevazione e una possibile via d’uscita. Ancora oggi gli italiani viziati e le eccessive spese dello stato per essi vengono indicati come il soggetto colpevole del debito. Pochi giorni fa, un frate francescano in una trasmissione televisiva, dopo aver sollecitato l’aiuto ai poveri, contribuiva con la propria dichiarazione a supportare l’idea della colpevolezza del popolo italiano rispetto al debito in quanto “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilita’”. Il mio dubbio e’: si tratta di debolezza e ignoranza o capacita’ di dominio? Qualunque sia la riposta, vince il disegno ideologico. Sto dicendo che gli interessi in gioco mi fanno pensare che non vi sara’ alcuna intenzione di applicare le sue proposte. Sembro pessimista e invece sono speranzoso che si possa generare una convergenza poliitca per dare una via d’uscita a questa situazione.

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    • Certo che è difficilissimo. Anzi, dirò di più. Lo scenario più probabile, se dovessi scommettere al rosso e al nero, scommetterei che non ci si riesca a liberarsi dal debito!! Se segui i miei articoli avrai visto che sono sempre molto scettico sulle probabilità di successo, dato che la situazione è maledettamente compromessa per il poplo italiano ma anche per tutti i popoli dell’Eurozona. Ciò detto, personalmente avverto il dovere di provarci, con i mezzi che ho, e credimi la cosa è costosa da ogni punto di vista. Ma non si vive di solo tornaconto personale. Sono sicuro che concordi.

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  6. Buonasera, articolo molto interessante. Però mi è sorta una domanda: se le banche commerciali comprano i titoli di stato italiani con i soldi creati dal nulla dalla BCE, sui quali non fanno utili, come mai si parla di spread sui titoli? Come mai si parla di dipendenza dello stato dai mercati? Non mi è chiaro questo punto. Grazie in anticipo e complimenti per la chiarezza!

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  7. Ho visto altri post da lei pubblicati e dice chiaramente che le banche ci guadagnano con gli interessi, come è “normale che sia”. Non mi torna quando dice “Anche la seconda condizione non è verificabile, dato che il rimborso dei titoli di Stato non provoca alcuna utilità alle banche creditrici, ma semplicemente l’estinzione del prestito raccolto presso la BCE (in altre parole, la moneta viene letteralmente annullata come accade per il file di un computer)”.

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    • Caro Hori capisco la domanda. Nella frase indicata mi riferivo al fatto che non vi sarebbe alcun problema per le banche commerciali se la parte di debito pubblico detenuta dal sistema bancario fosse cancellata. Questo perchè le banche commerciali hanno comprato quei titoli con i soldi della BCE. Non dico che queste banche ne sarebbero felici, ma affermo che la cosa è del tutto fattibile

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  8. Ciao Alberto,
    da un po’ di tempo ho cominciato a seguire sulla rete (per la maggior parte su Byoblu) i filmati e dibattiti relativi all’economia. Per me questa era diventata quasi una necessità, perché non capivo come mai le cose continuassero ad andare male, anzi sempre peggio, e la classe politica perseverasse sulla stessa strada.
    Ora, anche grazie ad i tuoi illuminanti discorsi e alle tue brillanti spiegazioni, la situazione mi è un po’ più chiara.
    Ti vorrei porre almeno un paio di domande.
    1) quello che mi sfugge è come mai la classe politica (almeno quella precedente) abbia pezzo per pezzo smontato, iniziando forse negli anni ’70, tutto quello che ci aveva reso una nazione forte e solida. Cosa ci ha guadagnato??? Capisco una persona come Monti, finto tecnico e stipendiato dalle banche… ma tutti gli altri? Perché nel resto d’europa tutti i politici fanno gli interessi di casa loro e noi (compresi i presidenti della Repubblica) facciamo solo quello degli altri?

    2) come mai l’attuale governo, che, nel bene e nel male, rappresenta una linea di discontinuità con il passato più recente, non ha ancora attuato gli strumenti che tu ben descrivi, come la moneta fiscale?
    Se fossi io al governo sarebbe la prima cosa che farei, visto che mi consentirebbe di sganciarmi, in maniera graduale ma costante, dalla servitù nei confronti del sistema euro, che ci sta, ormai neanche troppo lentamente strangolando.

    Continua nella tua opera!

    Grazie anticipatamente

    Francesco

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  9. Egregio Sig.Micalizzi, le sarei grato se riuscisse a fugare il mio seguente dubbio, scaturito dalla lettura del suo interessantissimo articolo: sappiamo che da molti anni lo stato italiano ha un avanzo primario( raccoglie denaro dalle tasse più di quanto spende in opere e servizi pubblici) e che ogni anno tale riserva è utilizzata per rimborsare il debito pubblico .La mia domanda è ma quale componente del debito? quello strutturale o quello da lei definito fittizio?
    Grazie

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  10. Gent.mo dott,
    il problema principale e’, come lei ha anche ricordato, l’informazione, e lei svolge un lavoro di grandissimo valore a tal riguardo.
    Credo che tutti noi dovremmo contribuire in tal senso con le persone che ci sono vicine (amici, parenti etc).
    Che il 50% del deb. pubblico italiano sia “fittizio” e non rimborsabile, una invenzione contabile, un debito non debito etc e’ difficile da spiegare, e visti i contatori di debito nelle stazioni di Milano, Roma, etc ti prendono per pazzo se affermi che e’ per meta’ un debito che non deve essere rimborsato!
    Vorrei pertanto invitarla, quando ha tempo, a fornire ulteriori delucidazioni ed esempi, magari con schemi/disegni dei giri contabili e delle iscrizioni in bilancio, magari con la partita doppia, per aiutare a capire fino in fondo anche noi che gia’ la seguiamo sul suo blog e interviste varie (byoblu etc).
    Capire per informare e liberarci!
    Grazie ancora,
    Sal

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  11. Ciao Alberto,
    io volevo proporre un nuovo paradigma, che ho appreso da poco tempo, leggendo l’opera “Verso l’Antropocrazia” di Nicolò Giuseppe Bellia.

    In un futuro in cui sempre più, la robotica e l’Intelligenza Artificiale, avranno un ruolo sempre più determinante nella produzione, Bellia propone di abbandonare la tassazione sulle attività economiche (redditi, utili, e tutte le tasse sugli scambi economici), che chiameremo **tassazione reddituale**, per una nuova tassazione applicata sulla massa monetaria esistente: **tassazione monetaria**.

    Perché?

    Nel tuo articolo tu dici che:
    > Il debito pubblico per un Paese è come il sangue per il nostro corpo. Durante la crescita, il nostro organismo raggiunge un livello di circa 8 litri di sangue che sono necessari per sopravvivere. Ridurre questo sangue vuol dire indebolire l’organismo fino alla morte. Lo stesso accade con la liquidità ed il debito.

    Condivido in pieno l’analogia debito/sangue, ma la estendo a tutta la massa monetaria. E’ il denaro che circolando, vivifica l’economia e che ristagnando all’interno dei C/C, ne riduce l’ossigenazione. Ma se è male ridurre la quantità minima di denaro, è male anche il fatto che questo denaro aumenta sempre, come tu ben dici:

    > il debito pubblico può solo crescere nel tempo, e lo fa sia che l’economia sia in espansione (1981-2004) e sia che l’economia sia in recessione (2007-2017).

    La tassazione prelevata sulla massa monetaria, rende il denaro simile alle merci di cui vuole essere il mezzo di scambio. Le merci deperiscono nel tempo e altrettanto dovrebbe fare il denaro.

    Secondo me, questo nuovo punto di vista potrebbe essere foriero di ulteriori intuizioni. Pensiamo al fatto che annullando “tutte” le attuali tasse (42,2%), e istituendo una unica tassa (ad esempio 15%) su tutta la massa monetaria (diciamo 5.288 mld €) ovvero 793 mld €, magari decurtabile giornalmente dai conti correnti, farebbe si che:

    1. i prezzi dei prodotti, tenderebbero a scendere tendenzialmente fino al 42,2% non essendo l’imprenditore, gravato delle tasse prelevate sull’attività economica;
    2. quindi il potere d’acquisto dei consumatori aumenterebbe in misura proporzionale all’abbassamento dei prezzi;
    3. i risparmiatori tenderebbero ad investire i propri risparmi, anziché tenerli inattivi nei CC, perché ora l’inattività si pagherebbe.

    Ma questa azione (la tassazione monetaria) da sola non risolverebbe il problema del lavoro. Una parte delle tasse, dovrebbe essere utilizzato per pagare un reddito di base incondizionato per tutta la popolazione (ad esempio 400€ ma con un potere di acquisto quasi raddoppiato).

    Perché regalare i soldi ai cittadini?

    Il reddito di base diventa il corrispettivo in denaro, di quello che in un mondo primitivo, sarebbe la suddivisione di tutto il territorio italiano, in base alla fertilità, per tutta la popolazione. I benefici di questo reddito sarebbero vari:

    1. gli esseri umani, sarebbero liberi di sviluppare i propri talenti, senza la schiavitù della necessità dell’approvvigionamento dei beni primari;
    2. tra imprenditore e lavoratore, si stabilirà un rapporto di parità contrattuale;

    400€ * 12mesi * 61.000.000 italiani = 293 mld €
    rimarrebbero altre 500 mld € per far girare l’Italia, che rispetto alle attuali 654 mld € (previsione 2021), dovremmo togliere circa 85 miliardi di pensioni (sostituite dal reddito base).

    Alberto secondo te, cosa ancora manca a questo ragionamento?

    Ho provato a fare una simulazione di quanto detto, in questa pagina web:
    http://antrospot.altervista.org/antropocrazia/simulazione.html

    Un abbraccio Pierfrancesco

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